LO SGUARDO NEL TEMPO OPERE di ALESSANDRO TOFANELLI A cura di Gabriella Damiani GALLERIA ORIZZONTI ARTE CONTEMPORANEA PIAZZETTA CATTEDRALE OSTUNI (BR) 24 MAGGIO – 08 GIUGNO 2014 VERNISSAGE: SABATO 24 MAGGIO 2014, ORE 19:00
Il secondo appuntamento inserito
nel calendario delle mostre e degli eventi per questa estate 2014 della galleria
Orizzonti Arte Contemporanea è affidato alla mostra dal titolo LO SGUARDO NEL
TEMPO dell’artista Alessandro Tofanelli che fa del paesaggio il protagonista
assoluto dei suoi dipinti. Diversi i critici che hanno scritto sul suo lavoro;
infatti usando le parole di Antonella Serafini: “Alessandro Tofanelli, pittore
ma anche uomo di cinema e di televisione, cammina nel paesaggio sin dalla
nascita. Il grande parco di Migliarino è stato il luogo della sua infanzia,
quello dove ha scelto di porre la sua dimora e, prima ancora che soggetto della
sua pittura, è stato ed è tuttora, oggetto dei suoi documentari, nonché
protagonista principale dei suoi film”. Oppure
prestando attenzione alle righe scritte per lui da Silvano Ambrogi: “L’indeterminatezza
dello spazio e del tempo è propria quindi sia dei quadri nei quali sono stati
rappresentati solo elementi naturali o di paesaggio, sia dei quadri in cui
compare una figura umana, e dice a noi che guardiamo che quello spazio e quel
tempo che stiamo osservando sono di esclusiva proprietà di chi il quadro lo ha
dipinto. È questo un altro modo per rappresentare il legame assoluto che lega
il pittore Alessandro Tofanelli ai luoghi che dipinge, un modo che non passa
semplicemente per la loro riproduzione naturalistica, ma passa attraverso la
capacità di rendere quei luoghi estranei alle vicende del quotidiano”. Ma forse
quello che più emoziona ed avvicina al mondo ed al mistero della pittura di
Tofanelli è quello che traspare da un racconto di Antonio Tabucchi ispirato
proprio ad una sua opera, in cui la “lettura” del quadro diviene una realtà
sospesa, ignota, forse mai esistita, a metà fra il sogno e la musica. Da “Racconti con figure” di Antonio Tabucchi,
Sellerio Editore, Palermo, 2011
Prefazione:
“Spesso la pittura ha mosso la
mia penna. Se in un lontano pomeriggio del 1970 non fossi entrato al Prado e
non fossi rimasto “prigioniero” davanti a Las Meninas di Velazques, incapace di
uscire dalla sala fino alla chiusura del museo, non avrei mai scritto Il gioco
del rovescio. Lo stesso vale per l’enorme suggestione provata da bambino
davanti agli affreschi del Convento di San Marco, rivisitati spesso da adulto,
che un bel giorno ritornò con prepotenza sbucando nelle pagine de I volatili
del Beato Angelico”. Dalla suggestione di un’immagine, soprattutto dalla
pittura, nascono questi racconti di Tabucchi. Ma a sua volta il racconto sembra
catturare in un’altra dimensione le figure che lo provocano: è quella contea
fantastica dove, come scrisse Leopardi, “l’amina immagina quello che non vede”.
Così le figure sembrano risvegliarsi dalla loro immobilità, acquistano vita, da
immagini diventano personaggi e interpreti delle loro storie…
Una finestra sull’ignoto
(scritto per l’opera “Presto o
tardi” di Alessandro Tofanelli)
Perché era andato ad abitare lì?
Non lo sapeva. O meglio, lo sapeva. A causa di un paesaggio che gli avrebbe
fatto abbandonare l’inquietudine: grandi spazi, campagne, silenzi, le case di
una volta, quando le case erano case e dentro, con le persone, c’erano gli
arnesi, gli attrezzi, tutto quello che serviva alla vita di ogni giorno e che
si svolgeva intorno, vicino alle case dove si stava. Però un giorno era venuto
l’architetto, un suo amico, bravo architetto nelle grandi città dove si
costruiscono grandi edifici di vetro e di acciaio, bellissimi a vedersi, e gli
aveva detto: “ Questa è una parete che ti nasconde il paesaggio, devi aprirci
una finestra, sarà come un quadro dentro la tua casa, ma un quadro naturale
nella cui cornice accogli la natura, perché la natura devi lasciarla entrare
dalle finestre, non puoi vietarla con un muro”. E disegnando con il gesto delle
braccia un’immaginaria finestra in quella parete di cucina dove c’erano le
mensole con il sale e il pepe e l’olio e le pentole appese a un chiodo, aveva
continuato: “Via tutto questo vecchiume, lo sposti nella madia o nella
credenza: sotto la finestra ti ci faccio una mensola di travertino, ci posi una
ciotola, due mele o due arance, come se fosse un piccolo altare di campagna,
un’umile natura morta che accompagna la maestosa umiltà del paesaggio”. E lui
aveva osato replicare:”No, di travertino no, ti prego, non voglio del
travertino in casa mia”. “D’accordo” aveva risposto l’architetto, “te lo faccio
in gesso, e te lo dipingo in falso travertino, in modo che si veda bene che è
un modesto gesso da contadini che vorrebbe essere travertino. E a questa
finestra non ti ci metterò né ante né persiane, tanto è a nord e il sole, che
qui è feroce, non ti batterà sul tavolo in maniera troppo violenta, ma potrai
vedere il crepuscolo, perché d’estate, quando la notte scende e la calura si
smorza, qui il cielo diventa cobalto, le chiome degli alberi si accendono di un
verde insolito, hai notato che strano tipo di verde assumo questi alberi? Il
verde è un colore composto, per farlo ci vogliono il giallo e l’azzurro, le
foglie perdono l’azzurro e gli resta un giallo che le prime ombre notturne
punteggiano di scuro, come se fossero mappe di ignote geografie. L’ideale
sarebbe lasciarla, questa finestra, aperta all’aria e ai venti, come se il suo
interno senza soluzione di continuità arrivasse nell’esterno e l’accogliesse. E
tu bevendo un bicchiere e preparando la tua cenetta mentre ascolti musica,
perché so che mentre ti prepari la cena, ascolti musica, non hai più una parete
davanti a te, ma l’apertura su ciò che ti circonda. Questo sarebbe l’ideale, ma
anche i più alti desideri dell’architettura hanno un limite, anche qui arriverà
l’inverno, ti entrerebbe la pioggia e il vento, e dunque, per ovviare, ci
metterei un foglio di plexiglas, neppure due centimetri, ma così
impercettibile, come lo fanno ora che sembra aria, e ti assicuro che a volte
sarai tentato addirittura di mettere la mano fuori per sentire il fresco della
sera.
A proposito, cosa ti piacerebbe
ascoltare, mentre bevi un bicchiere di vino e ti prepari uno spaghetto, prima
di affrontare la notte e i tuoi pensieri che sul foglio bianco si trasformano
in parole?”.
“Dipende”, aveva risposto lui,
“di solito Mozart, ma anche Chet Baker, soprattutto quando canta con quella sua
voce roca e sussurrata, mi calma l’inquietudine, mi fa da ninnananna e mi
tranquillizza, anche perché strascica talmente le parole che non le capisco,
sembra una nenia antica, poi attacca con la tromba in sordina e ti porta via”.
Stava calando la sera, il cielo
si era fatto di cobalto, gli alberi si stavano tingendo di giallo, come se il
verde delle foglie fosse caduto all’improvviso. Lui si stava preparando uno
spaghettino con dei pioppini che aveva raccolto nel tronco di un albero, con un
pizzico di caprifoglio e pecorino locale, mise il disco di Chet Becker, alzò
gli occhi e vide la casa dietro la sua. E’ una casa abbandonata, gli aveva
detto il proprietario, una volta ci abitava una famiglia di contadini venuta ai
tempi delle alluvioni del Polesine, ma erano morti tutti da anni.
Le finestre al piano superiore
erano accese, una più grande e d una più piccola che doveva essere la finestra
della soffitta. E sulla facciata una luce triangolare disegnava
un’illuminazione di esatta geometria, come se vi fosse proiettata, perché
lampioni non se ne vedevano. E sull’angolo della casa c’era una ruota
appoggiata alla parete che sembrava la ruota posteriore di una bicicletta. E
poi gli parve di vedere un’ombra che svicolava dietro l’angolo della casa e
entrava nel buio, ma di questo non fu sicuro, forse era stata la sua
immaginazione. Allora si avvicinò alla finestra, e d’istinto tentò di mettere
la mano fuori, come per fare un cenno a qualcuno che non c’era o toccare
semplicemente l’aria dall’esterno. Ma la sua mano urtò contro il plexiglas. Vi
appoggiò il palmo e subito lo ritirò. Sul plexiglas restò per un attimo
l’impronta del suo sudore. Spense la musica e si mise in ascolto. Pensò a
com’era strano guardare la realtà che ci circonda come se sessa fosse a portata
di mano e pensò che niente è a portata di mano, soprattutto quello che vedi, e
che a volte ciò che è accanto è più lontano di quello che pensi. Pensò anche di
telefonare al suo amico architetto, ma forse certe cose non si possono dire per
telefono, è meglio scriverle, altrimenti sembrano insensate. Meglio un
biglietto. Mi hai aperto una finestra sull’ignoto, gli avrebbe scritto. Ma lo
avrebbe scritto domani.
ALESSANDRO TOFANELLI
Nato a Viareggio nel 1959, si
diploma nel 1977 presso l’Istituto d’Arte di Lucca ed in seguito frequenta
l’Accademia d’Arte di Brera a Milano.
Tofanelli nasce come pittore ed
ha esposto ed espone tuttora in importanti gallerie italiane ed estere.
Premi vinti: nel 1975 vince il
premio “La resistenza in Lucchesia” (il dipinto si
trova nella Galleria di Arte
Moderna di Lucca) e il primo premio “Concorso INATouring”
a Palazzo Strozzi di Firenze. Nel
1984 vince il premio “Giotto d’Oro”, nel
1987 vince il premio “Onda
Verde”a Firenze e il premio internazionale “ Ibla
Mediterraneo”.
Alessandro Tofanelli è però anche
uomo di cinema e di televisione.
In ambito cinematografico è del
2012 il suo ultimo lavoro, il film : "Il segreto degli alberi", da
lui scritto e diretto.
Il film è stato presentato a
Viareggio all’Europa Cinema e a Tofanelli in quell’occasione è stato consegnato
il Premio Monicelli.
Mentre è del 2006 il premio
speciale della giuria al festival Europacinema e la vittoria del Festival Nice,
di New York e San Francisco per Il film, da lui scritto e diretto, intitolato
“Contronatura”.
In ambito televisivo, a partire
dal 1983, Tofanelli ha collaborato con le trasmissioni televisive della Rai:
“Geo” – Rai Tre, “Linea verde”- Rai Uno, “Quark”- Rai Uno, “Giorno di festa”-
Rai Due.
Ha collaborato anche con la BBC
per il “Natural history unit”.
LO SGUARDO NEL TEMPO
OPERE di ALESSANDRO TOFANELLI
DAL 24 MAGGIO – 08 GIUGNO 2014
VERNISSAGE SABATO 24 MAGGIO 2014,
ORE 19:00
GALLERIA ORIZZONTI ARTE
CONTEMPORANEA
Piazzetta Cattedrale (Centro
Storico)
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ORARIO: tutti i giorni
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