Mostra Arte Contemporanea Pino Pascali "Avanguardie del 900°"
Cortile Lagrange – Galleria delle arti
Palazzo Cavour – via Lagrange, 27
via Cavour, 8 – Torino
Pino Pascali
Avanguardia del 900
Inaugurazione mercoledì 5 novembre 2014 ore 19.00
via Lagrange, 27 (Palazzo Cavour)
In mostra dal 5 novembre al 10 dicembre 2014
a cura di Graziano Menolascina
testo di Alessandro Demma
realizzazione della mostra di Liliana Leone
Cortile Lagrange – Galleria delle arti inaugura, mercoledì 5
novembre alle ore 19.00, la mostra dedicata a Pino Pascali, figura centrale
della scena artistica italiana e internazionale degli anni Sessanta. Formatosi
all’Accademia di Belle Arti di Roma, sotto la guida di Toti Scialoya, Pascali
ha attraversato, nella sua breve ma intensa ed eclettica carriera, gli ambienti
dello spettacolo, della pubblicità, del cinema e soprattutto dell’arte. È,
infatti, a partire dal 1958, un anno prima del diploma all’Accademia, che
l’artista pugliese inizia la sua collaborazione come creativo con Sandro Lodolo
della casa di produzione pubblicitaria “Lodolo Film” e comincia la sua attività
di aiuto-scenografo in RAI. È però sui palcoscenici dell’arte che Pino Pascali
si impone come protagonista quando inaugura nel gennaio del 1965 la sua prima
mostra personale alla Galleria la Tartaruga di Plinio De Martiis esponendo i
Nudi, Muro di pietra, Colosseo, Ruderi sul prato e Biancavvela. Una mostra che
dichiara subito la sua posizione e la sua avventura nell'arte tesa tra gioco,
infanzia, mito e nomadismo. In questo intenso viaggio Pascali percorre
vorticosamente i territori del passato e le dinamiche del presente. Un
pellegrinaggio che lo porta a frequentare in maniera trasversale gli ambienti
delle Avanguardie e delle Neoavanguardie, dal Futurismo al Surrealismo al Dada,
fino alle esperienze a lui contemporanee del New Dada, del Nouveau Réalisme,
della Pop Art e dell'Arte Povera, trovandosi immerso in quel periodo storico
della «crisi dell'arte come "scienza europea"», espressione con cui
Giulio Carlo Argan ha definito quegli anni. Proprio in questa situazione di
cambiamento, di trasformazione epocale, culturale, sociale, politica, Pino
Pascali utilizza il suo nomadismo concettuale per confrontarsi col suo tempo:
entra nei linguaggi dei mass-media, prediligendo quelli della fiction,
attingendo all'universo a lui familiare del fumetto, delle insegne
pubblicitarie, dei cartoni animati, del kitsch, del caroselle per ricodificarli
in strutture altre. Pascali gioca con le immagini, le decodifica per mostrarle
sotto una nuova veste materica e concettuale. Cannoni, missili, mitragliatrici,
dinosauri, delfini, balene, i bachi da setola, si presentano come “finte
sculture”, così amava definirle l’artista, come “giocattoli” o “trofei di
caccia” che creano un cortocircuito di senso e significato. Per Pascali lo
spettacolo è invenzione, gioco improvvisato con tecniche volutamente primitive
e con i materiali stessi di cui la gente normalmente si serve per fare altre cose:
inventa e fabbrica oggetti e immagini di cui non dissimula l’effimera,
superflua e splendente bellezza formale.
Gli anni Sessanta sono segnati fortemente dall’influsso
della Pop Art che porta le immagini urbane e la produzione industriale nelle
opere d’arte. Inoltre, il mito della metropoli americana con i suoi grattacieli
altissimi e alienanti, questi luoghi artificiali per eccellenza, ricchi di
vitalità e di tensioni esistenziali, il grande ossimoro della cultura
statunitense di consumo collettivo e solitudine individuale, affascinò molto
Pascali per la produzione di molti suoi lavori. Ma in quegli stessi anni
l’artista deve confrontarsi con una realtà completamente differente, con la
città di Roma, in cui vive e lavora, che è, come ha sottolineato Achille Bonito
Oliva, «produttrice di ben altre immagini, di un passato divenuto paesaggio e
storia ed innanzitutto storia dell’arte. Anche qui batte la vita moderna, ma
filtrata da una condizione storica in cui i simboli e i miti non sono il
grattacielo ma il Colosseo e i Fori romani». Pascali non poteva prescindere da
questa realtà, infatti, è riuscito ad amalgamare forme archetipiche e
tradizionali della cultura italiana con le forme infantili del gioco e le icone
e i feticci della cultura pop. Pascali ha saputo costruire un suo universo
abitato dalla quotidianità e dalla società dei consumi di massa. «Col gesto
dell’appropriazione», ha scritto Palma Bucarelli, «si afferma la assoluta
arbitrarietà dell’agire dell’artista nei confronti di tutto un sistema economico-sociale,
fondato sul possesso e l’accrescimento del possesso: servirsi di setole
acriliche non per fabbricare scope o spazzoloni, ma bruchi giganteschi,
significa ingannare contemporaneamente la natura con l’industria e l’industria
con la natura. Il gesto di appropriazione è il gesto tipico del
bambino-selvaggio, di colui che non conosce le regole. La poetica della materia
(non della cosa) trovata, afferma il diritto che ciascuno ha di interpretare il
mondo, di utilizzarlo come gli pare… Il momento successivo è quello della
manipolazione, che non è affatto un processo di elaborazione perché non
comporta, come nel lavoro dell’artigiano, un raffinamento della materia.
Questa, infatti, non accresce il proprio valore, ma cambia di significato».
Pascali intensifica questo cambiamento di significato dando alle sue
realizzazioni atipiche una connotazione scenografica e performativa, una
dimensione sensoriale e simbolica alterata.
Le opere di Pino Pascali sono “costruzioni” d’immagini,
oggetti, forme, sostanze, che raccontano, attraverso una figuratività ironica,
teatrale e giocosa, un mondo in continua trasformazione, un sistema economico,
sociale, politico e culturale che modifica la vita e il comportamento
dell’essere umano. La materia, allora, frutto della produzione industriale
standardizzata e delle dinamiche del consumo, l’idea del materiale comune, la
pratica artigianale e l’universo tecnologico, diventano gli strumenti per
costruire e dare una nuova struttura all’opera d’arte. L’opera diventa un
manufatto elaborato con la febbrilità del costruttore che però non usa
materiali pertinenti, ma si serve come un bricoleur di elementi spuri piegati
ad un altro uso. L’immagine fa tutt’uno con il materiale adoperato e il
materiale diventa esso stesso immagine, in quanto invade e pervade l’opera del
suo spessore, che a sua volta asseconda la rappresentazione. Così, i metalli,
il legno, la carta, la tela, il sughero, le corde, le plastiche, in generale i
materiali che l’industria produce, diventano elementi e strutture di
sperimentazione per una dimensione diversa dello spazio dell’opera. Pascali
naviga, così, sui confini incerti di una continua tensione tra reale e
immaginario, tra realtà e finzione, diventando, parafrasando Baudrillard, “il
perfetto impostore e simulatore che parte dal vero e arriva al falso,
all’artificiale, all’iperreale”. Una storia breve ma fondamentale quella di
Pino Pascali che Cortile Lagrange – Galleria delle arti vuole ricordare
attraverso una cinquantina di opere - dipinti, collage, disegni e tecniche
miste - creando un “teatro iconico” che ripercorre alcuni aspetti della sua
“fantasia esplosiva”, le tappe e le figure fondamentali del suo lavoro.
Per informazioni: caggiano@caggianoarte.it
- tel.+39 335474611