Alla Reggia di Caserta, La terra dei fiori, il progetto del duo Sasha Vinci Maria Grazia Galesi a cura di Daniele Capra - inaugurazione performance
Inaugurazione e performance sabato 20 maggio, ore 18.00
Reggia di Caserta
mostra a cura di Daniele Capra
Comunicato stampa
Alla Reggia di Caserta, La terra dei fiori, il progetto del duo Sasha Vinci Maria Grazia Galesi a cura di Daniele Capra, propone una contro mitologia. Dalla terra dei fuochi, disseminata di scorie tossiche e avvelenata dalla malavita, alla terra dei fiori, luogo in cui crescono gerbere e crisantemi, fiori che larte accoglie per farne espressione di rigenerazione, bellezza e spiritualità. Un progetto che racconta con foto, video e documentazione le storie di un luogo e la bellezza solitaria della Reggia di Caserta, che ha osservato nel tempo la violenta trasformazione del territorio campano.
La mostra è promossa dalla Reggia di Caserta in collaborazione con la galleria aA29 Project Room, Milano/Caserta e gode del patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Comune di Caserta. Levento è realizzato con il sostegno di Oliveo.it, Grand Hotel Vanvitelli, Axa Assicurazioni Loffredo Caserta, Artec, Costa Service, International Broker Art, Fondazione Mario Diana.
La mostra è corredata da un catalogo bilingue con le immagini del progetto e testi di Gabi Scardi e del curatore.
La mostra ospitata nei saloni del piano nobile della Reggia è costituita da opere fotografiche di grandi dimensione, disegni, video e documentazione che raccontano il percorso che ha portato il duo VinciGalesi ad interrogare, grazie all'impiego del fiore, le identità individuali ma anche i luoghi dimenticati segnati da abbandono, trascuratezza, degrado civile.
A tutto questo aggiunge il curatore si contrappone il rigoglioso germogliare della natura, elemento di meraviglia, espressione della volontaria ricerca di riscatto. È il tentativo di inversione, lespressione della necessità di superare l'impasse della situazione attuale che l'arte deve compiere. Per mostrare come anche dall'estremo abbandono si possano far germinare onestà, bellezza, dignità.
Le immagini di VinciGalesi sono visioni cariche di elementi contrastanti. In contesti dal valore simbolico, quali ad esempi una spiaggia in cui mare e terra si contendono la supremazia o in una cava abbandonata popolata di residui di pietre, i due artisti si mostrano interamente avvolti da un mantello floreale coloratissimo e che nasconde i tratti somatici. La loro figura diventa così quella di un spirito che dissemina colore e futuro nel grigio e nell'abbandono del presente.
Il drappo in cui gli artisti sono avvolti è realizzato cucendo a mano migliaia e migliaia di fiori su eterei tessuti. Rispettando un'antica tradizione propria delle celebrazioni religiose di unaltra terra complessa e difficile, il ragusano, sulle cui coste negli ultimi anni sono sbarcati disperati provenienti dallaltra sponda del Mediterraneo in fuga dalla guerra o si sono arenati corpi senza più speranza. La bellezza di quei luoghi, testimoniata da alcune immagini degli ultimi progetti, è un controcanto che fa stridere ancor di più i limiti della condizione umana. VinciGalesi propongono visioni transitorie, occasioni preziose e fugaci. Fuggevoli quanto è fuggevole la bellezza di un fiore, meraviglia condannata ad un veloce disfacimento.
Lelemento floreale trasforma, anima, nasconde. È una presenza naturale che racchiude un universo di significati che affondano le radici nelle mitologie più antiche. I fiori rappresentano limmagine della vita, della rinascita e del ciclo stagionale. Sono emblema della caduca fragilità del mondo contemporaneo, immagine di gioia e di lutto. Dell'eros che anima lamore terreno e della pace che scioglie quello celeste.
Nella giornata inaugurale della mostra, il 20 maggio, Vinci e Galesi daranno vita ad una performance insieme a due gruppi di bardatori di Scicli e a uno stallone frisone nero, Eros, riuniti in un gruppo integralmente ammantato di fiori. Trasformati in floreali evocazioni, essi avanzeranno dal giardino attraversando il porticato a cannocchiale, progettato da Vanvitelli per fornire al visitatore della Reggia una vertiginosa visione prospettica, per poi salire al piano nobile attraverso il maestoso scalone centrale della residenza.
Come scrive nel suo testo il curatore Daniele Capra, la performance suggerisce, in maniera simbolica, le potenzialità mimetiche e metamorfiche insite nellelemento floreale, che vengono portate al massimo grado. La bellezza semplice ma altera di gerbere e crisantemi incarna la reazione allo sfacelo di un territorio soggiogato dalla criminalità e dall'inquinamento causato dai rifiuti. È metafora del possibile ribaltamento della forzosa circostanza di prigionia, è il sogno di ribellione ad una situazione a cui, razionalmente, non si sarebbe potuto immaginare una via duscita percorribile.
Il progetto La terra dei fiori è realizzato grazie ai gruppi di bardatori Le Milizie e Balucu e Pagghiara.
Ufficio Stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Reggia di Caserta
mostra a cura di Daniele Capra
Comunicato stampa
Alla Reggia di Caserta, La terra dei fiori, il progetto del duo Sasha Vinci Maria Grazia Galesi a cura di Daniele Capra, propone una contro mitologia. Dalla terra dei fuochi, disseminata di scorie tossiche e avvelenata dalla malavita, alla terra dei fiori, luogo in cui crescono gerbere e crisantemi, fiori che larte accoglie per farne espressione di rigenerazione, bellezza e spiritualità. Un progetto che racconta con foto, video e documentazione le storie di un luogo e la bellezza solitaria della Reggia di Caserta, che ha osservato nel tempo la violenta trasformazione del territorio campano.
La mostra è promossa dalla Reggia di Caserta in collaborazione con la galleria aA29 Project Room, Milano/Caserta e gode del patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Comune di Caserta. Levento è realizzato con il sostegno di Oliveo.it, Grand Hotel Vanvitelli, Axa Assicurazioni Loffredo Caserta, Artec, Costa Service, International Broker Art, Fondazione Mario Diana.
La mostra è corredata da un catalogo bilingue con le immagini del progetto e testi di Gabi Scardi e del curatore.
La mostra ospitata nei saloni del piano nobile della Reggia è costituita da opere fotografiche di grandi dimensione, disegni, video e documentazione che raccontano il percorso che ha portato il duo VinciGalesi ad interrogare, grazie all'impiego del fiore, le identità individuali ma anche i luoghi dimenticati segnati da abbandono, trascuratezza, degrado civile.
A tutto questo aggiunge il curatore si contrappone il rigoglioso germogliare della natura, elemento di meraviglia, espressione della volontaria ricerca di riscatto. È il tentativo di inversione, lespressione della necessità di superare l'impasse della situazione attuale che l'arte deve compiere. Per mostrare come anche dall'estremo abbandono si possano far germinare onestà, bellezza, dignità.
Le immagini di VinciGalesi sono visioni cariche di elementi contrastanti. In contesti dal valore simbolico, quali ad esempi una spiaggia in cui mare e terra si contendono la supremazia o in una cava abbandonata popolata di residui di pietre, i due artisti si mostrano interamente avvolti da un mantello floreale coloratissimo e che nasconde i tratti somatici. La loro figura diventa così quella di un spirito che dissemina colore e futuro nel grigio e nell'abbandono del presente.
Il drappo in cui gli artisti sono avvolti è realizzato cucendo a mano migliaia e migliaia di fiori su eterei tessuti. Rispettando un'antica tradizione propria delle celebrazioni religiose di unaltra terra complessa e difficile, il ragusano, sulle cui coste negli ultimi anni sono sbarcati disperati provenienti dallaltra sponda del Mediterraneo in fuga dalla guerra o si sono arenati corpi senza più speranza. La bellezza di quei luoghi, testimoniata da alcune immagini degli ultimi progetti, è un controcanto che fa stridere ancor di più i limiti della condizione umana. VinciGalesi propongono visioni transitorie, occasioni preziose e fugaci. Fuggevoli quanto è fuggevole la bellezza di un fiore, meraviglia condannata ad un veloce disfacimento.
Lelemento floreale trasforma, anima, nasconde. È una presenza naturale che racchiude un universo di significati che affondano le radici nelle mitologie più antiche. I fiori rappresentano limmagine della vita, della rinascita e del ciclo stagionale. Sono emblema della caduca fragilità del mondo contemporaneo, immagine di gioia e di lutto. Dell'eros che anima lamore terreno e della pace che scioglie quello celeste.
Nella giornata inaugurale della mostra, il 20 maggio, Vinci e Galesi daranno vita ad una performance insieme a due gruppi di bardatori di Scicli e a uno stallone frisone nero, Eros, riuniti in un gruppo integralmente ammantato di fiori. Trasformati in floreali evocazioni, essi avanzeranno dal giardino attraversando il porticato a cannocchiale, progettato da Vanvitelli per fornire al visitatore della Reggia una vertiginosa visione prospettica, per poi salire al piano nobile attraverso il maestoso scalone centrale della residenza.
Come scrive nel suo testo il curatore Daniele Capra, la performance suggerisce, in maniera simbolica, le potenzialità mimetiche e metamorfiche insite nellelemento floreale, che vengono portate al massimo grado. La bellezza semplice ma altera di gerbere e crisantemi incarna la reazione allo sfacelo di un territorio soggiogato dalla criminalità e dall'inquinamento causato dai rifiuti. È metafora del possibile ribaltamento della forzosa circostanza di prigionia, è il sogno di ribellione ad una situazione a cui, razionalmente, non si sarebbe potuto immaginare una via duscita percorribile.
Il progetto La terra dei fiori è realizzato grazie ai gruppi di bardatori Le Milizie e Balucu e Pagghiara.
Ufficio Stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Pubblica Massimo Nardi