RBS: Italia al terzo posto nell’e-commerce in Europa, ma sotto la media nella digitalizzazione del suo capitale umano.
Uno
studio elaborato da Rome Business School analizza il boom dell’economia
digitale in Italia, a seguito della pandemia Covid-19, con 29 milioni di
consumatori attivi e un margine di crescita previsto del 55% entro fine 2021.
XXX 2021.- Rome Business School ha pubblicato lo studio: “E-commerce e
industria 4.0 fra Brexit, COVID e Intelligenza artificiale”, a cura del
Prof. Valerio Mancini, Direttore del Rome Business School Research Center e del
Prof. Giosuè Prezioso, ricercatore e professore per il Master in Arts &
Culture Management, che analizza l’inarrestabile espansione dell’e-commerce e
la performance dell’Italia nella scalata all’economia digitale (in particolare
dal punto di vista dell’offerta), esamina l’evoluzione di alcuni specifici settori,
con un focus particolare sul mercato dell’arte on-line che offre
un caso-studio multidisciplinare per comprendere nascita, evoluzione e trend
dell’ibridazione mercato-rete su scala globale.
Inoltre, “L’Italia ha registrato un incremento
del 24% nel settore del commercio online, posizionandosi, dopo Germania e
Francia, come terzo paese in Europa, con 29 milioni di consumatori attivi e
un margine di crescita previsto del 55% entro fine anno” rileva Mancini, riportando gli ultimi dati della BCE.
-la quota dell’occupazione dipendente dalle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione è pari al 7 per cento (come in Grecia e
Slovacchia), mentre la media UE si attesta all’11 per cento;
-L’Italia occupa il 195° posto in ambito “servizi pubblici digitali” con solo
il 32% degli utenti italiani online che usufruisce attivamente dei servizi di
e-government, rispetto alla media UE del 67%;
“Ciò significa che il capitale umano italiano è il più analogico
d’Europa” sottolinea il Professor Mancini.
Con l’evoluzione
in corso, lo studio evidenzia un rallentamento della creazione di posti di
lavoro e un’accelerazione della distribuzione degli stessi: “Sorgeranno 97
milioni di nuove posizioni nell’economia dell'assistenza, nelle industrie
tecnologiche della quarta rivoluzione industriale e nei campi della creazione
di contenuti”. I dati suggeriscono che le economie con un grado più elevato
di digitalizzazione presentano, allo stesso tempo, tassi di disoccupazione più
bassi.
-Le
imprese stanno incontrando crescenti difficoltà per individuare le
competenze necessarie per l’Industria 4.0, sia a livello di diplomati sia di
laureati.