In cammino con Dante a Verona
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Dante a Verona 1321-2021 presenta
In cammino con Dante a Verona:
mostra diffusa e mappa dei luoghi in città e provincia
Partono
le iniziative speciali dell'anno di Dante a Verona: una mostra diffusa tra
piazze e monumenti, chiese, palazzi e biblioteche, con una mappa d'autore che
guida il visitatore, orientato da segnaletiche e app. La città intera ricorda
il poeta mettendosi in mostra come museo a cielo aperto.
Nell’ambito delle
celebrazioni veronesi in onore di Dante, il Comune di Verona
presenta il cuore del programma artistico ideato per onorare l’Alighieri e il
suo rapporto strettissimo con la città: un’inedita mostra
diffusa, realizzata dai Musei Civici, con il patrocinio e il
contributo del Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla
morte di Dante Alighieri, in collaborazione con Università di Verona e
Diocesi di Verona, con il contributo di Fondazione Banca Popolare di Verona.
Il progetto veronese
prevede un duplice omaggio: a Dante e alla città di Verona, che
lo accolse dopo l’esilio da Firenze, e ne diventò seconda patria. Il legame con
la città e con gli Scaligeri fu forte e duraturo e Verona stessa ne offre
molteplici testimonianze: sono numerosi i luoghi legati alla presenza di Dante,
fonti di ispirazione per la Divina Commedia, e oggi è possibile, grazie
alle tracce contenute nelle sue opere, ricostruire passaggi cruciali della
vicenda veronese.
Un indizio certo è
rintracciabile nel canto XVII del Paradiso. Dante scrive che il primo a
offrirgli ospitalità fu il «gran lombardo / che ’n su la scala porta il
santo uccello»: Bartolomeo della Scala, morto nel 1304, unico tra gli
Scaligeri a esibire sulla tomba l’aquila. Dante visse ancora a Verona, ospite e
protetto di Cangrande, tra il 1312 – anno in cui una missiva di Cangrande
all’Imperatore sembra rivelare elementi stilistici della penna del Poeta – e il
1320. Il rapporto tra Dante e Cangrande fu lungo e saldo: ne sono testimoni
l’elogio di Cangrande nel canto XVII del Paradiso e la celebre Epistola
XIII con cui Dante gli dedicò la terza Cantica.
La città non è quindi
mero sfondo alla vicenda dantesca, ma ne diventa, essa stessa, protagonista e
ispiratrice: come? Verona ha scelto di valorizzare la sua singolarità, rispetto
alle altre città dell’esilio, ideando una mostra diffusa, un itinerario che si
snoda nei luoghi della presenza e della tradizione dantesca. Verona, infatti,
ci parla ancora dell’epoca di Dante: ripercorrendo le stesse strade,
contemplando un paesaggio, entrando nei palazzi, visitando le chiese,
osservando le immagini dipinte e scolpite che, oltre settecento anni fa, il
Poeta stesso poté scoprire e ammirare.
Il percorso e le tappe
della mostra diffusa sono contenuti e illustrati in un'agile mappa cartacea,
preziosa guida che conduce i visitatori alla scoperta dei luoghi direttamente
legati alla presenza di Dante; dei suoi figli e dei suoi eredi, che ancora oggi
risiedono a Gargagnago in Valpolicella; delle suggestioni che Dante traspose
nelle sue opere; della tradizione dantesca, che nei secoli continuò ad
alimentarsi e a crescere, fino a diventare, nell'Ottocento, punto di
riferimento per l’identità nazionale.
La mappa non è stata
pensata solo per i turisti: ogni cittadino veronese potrà riscoprire, come
portato per mano dal Poeta, il piacere di essere visitatore attento e
privilegiato della propria città,
alla riscoperta di
chiese, piazze, strade, palazzi, parchi, e di tutto quel patrimonio
straordinario, eredità per le future generazioni.
Ogni luogo dantesco
della mappa è segnalato in situ con un apposito pannello; con un
semplice tocco sul proprio cellulare tramite QRcode, il visitatore potrà
accedere a un'espansione digitale dei contenuti della mappa, ulteriore
approfondimento del proprio itinerario.
Il
percorso della mappa
I
luoghi di Dante:
prima tappa è Piazza dei Signori, centro del potere, sia durante la
Signoria scaligera che dopo la sua caduta. Al centro vi è collocata una statua
del Poeta, in marmo di Carrara, opera emblematica della Verona risorgimentale.
Realizzata dallo scultore Ugo Zannoni nel 1865, in occasione del sesto
centenario dalla nascita, fu inaugurata la notte tra il 13 e il 14 maggio alle
4 del mattino per scongiurare la censura degli austriaci, allora al governo
della città scaligera. Quest’anno, per le celebrazioni dantesche, il monumento
è stato sottoposto a un accurato restauro (grazie alla sponsorizzazione di
Zalando) e restituito nella sua intera bellezza alla città.
Si prosegue con Palazzo
della Ragione, edificato verso la fine del XII secolo quale palazzo
comunale, uno tra i primi in Italia, che oggi ospita la Galleria d’Arte Moderna
Achille Forti. Qui, la mostra diffusa trova un prezioso raccordo e ulteriori
sviluppi tematici a carattere storico-artistico nelle esposizioni in programma:
La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni (fino al 5
ottobre 2021, a cura di Francesca Rossi), un tributo
allo scultore Zannoni, noto come uno dei protagonisti dell’esplosione del mito
di Dante nelle arti figurative dell’Ottocento, ricordato
per la lunga carriera animata dall’impegno civile a favore della cultura e dei
musei cittadini. E Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona (11
giugno–3 ottobre 2021, a cura di Francesca Rossi, Tiziana Franco, Fausta Piccoli),
realizzata con il contributo e il patrocinio del Comitato Nazionale per le
celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, vero e proprio
snodo della mostra diffusa che presenta
una significativa selezione di opere d’arte e testimonianze storiche dal
Trecento all’Ottocento, per approfondire due precisi fulcri tematici. Il primo
riguarda il rapporto tra Dante e la Verona di Cangrande della Scala e il
successivo revival sette-ottocentesco della Divina Commedia e di un
Medioevo ideale; il secondo, strettamente connesso al precedente, dedicato al mito, tutto scaligero e shakespeariano, di
Giulietta e Romeo. Temi sui quali si fonda, ancora oggi, la fama di Verona.
Le tappe successive
sono: Palazzo del Capitanio, inizialmente residenza scaligera e
costruzione recente ai tempi di Dante, quindi sede, sotto il dominio della
Serenissima (1405-1796), del Capitano veneto – da qui il nome attuale – e poi,
dal tardo Ottocento, degli uffici giudiziari; Palazzo della Provincia,
oggi Prefettura, dimora che si fece costruire Cangrande della Scala; le Arche
Scaligere, sepolcro della famiglia della Scala, costruite presso la chiesa
di Santa Maria Antica. Sono sepolti qui alcuni dei personaggi citati da Dante:
Alberto I (morto nel 1301) e i suoi figli Bartolomeo I (1304), Alboino (1311) e
Cangrande (1329). L’arca di Bartolomeo si distingue per l’insegna della scala
sormontata da un’aquila; di Cangrande restano sia il primo sarcofago, dove fu
deposto subito dopo la morte improvvisa e misteriosa (l’enigma sarà svelato
prossimamente dall’indagine sul DNA condotto dalle Università di Verona e di
Firenze in collaborazione con il Civico Museo di Storia Naturale di Verona),
sia il sontuoso monumento che gli fece realizzare Mastino II, suo nipote, sopra
la porta della chiesa, quando diede avvio alla trasformazione monumentale e
dinastica del cimitero.
Sempre sulle orme dell’Alighieri, si arriva poi alla chiesa di San Zeno Maggiore, capolavoro del romanico lombardo. Dante, nel XVIII canto del Purgatorio, incontra Gerardo, abate di San Zeno vissuto al tempo del Barbarossa e gli fa esprimere un giudizio pessimo su Giuseppe, figlio illegittimo di Alberto I della Scala e abate di San Zeno dal 1292 al 1313. Il nostro Poeta potrebbe essere stato ispirato, per la figura dell’abate, dall’epigrafe incisa sul fianco sud della chiesa, che ricorda l’abate Gerardo e le opere da lui promosse al tempo del sovrano svevo.
Di qui si prosegue per Sant’Elena,
adiacente alla Cattedrale, che conserva in buona parte la sua compagine altomedievale.
Il 20 gennaio 1320, Dante vi tenne una lezione pubblica per spiegare il
fenomeno dell’emersione delle terre sopra la superficie dell’acqua. Forse
sperava di conquistare così l'ammissione all'insegnamento nello Studio, la
scuola superiore di Verona che stava diventando una rinomata Università, ma gli
venne preferito il maestro di logica Artemisio. Alla fine del testo della Questio
de aqua et terra si legge: «[…] definita da me, Dante Alighieri, il minimo
dei filosofi, durante il dominio dell’invitto Signore messer Cangrande della
Scala, Vicario del Sacro Romano Impero, nell’inclita città di Verona, nel
tempietto della gloriosa Elena […]».
Durante il suo primo
soggiorno veronese Dante frequentò quasi certamente anche la Biblioteca
Capitolare, una delle più antiche del mondo, il cui scriptorium era attivo forse già dal VI secolo. La Capitolare
ospitava, già allora, antichi manoscritti di alcuni fra i classici meno noti al
Medioevo, come la Naturalis Historia
di Plinio il Vecchio, le Historiae di
Livio, Catullo. In un breve passaggio del De
vulgari eloquentia, scritto tra il 1303 e il 1305, Dante cita una lista di
autori classici – tra i quali «Titum Livium, Plinium, Frontinum, Paulum
Orosium, et multos alios» – e rivela che una «amichevole insistenza» lo
invitava a consultarli («Quos amica sollicitudo nos visitare invitat»).
La Biblioteca
Capitolare ospita il LaMeDan (Laboratorio di Studi Medievali e Danteschi
dell’Università di Verona), nato con l’obiettivo principale di studiare e
digitalizzare i manoscritti della Capitolare dal nucleo più antico all’epoca di
Dante, con la speranza ultima di ritrovare un manoscritto autografo
dell’Alighieri.
La mappa ci conduce poi a tre chiese: Sant’Anastasia, solo un cantiere durante i soggiorni danteschi a Verona, che un tempo ospitava nel suo primo chiostro la più antica tomba veronese di famiglia degli Alighieri; San Fermo Maggiore – anch’essa in costruzione negli anni in cui Dante era presente a Verona – che nel transetto destro della chiesa conserva l’elegante cappella funeraria che Pietro IV e Ludovico Alighieri, discendenti del Poeta, fecero allestire a metà del Cinquecento. Quindi Sant’Eufemia, legata a Dante solo per via indiretta: il teologo Egidio Romano espose nel suo De regimine principum – opera composta prima del 1285 – alcune teorie cosmologiche che il Poeta avrebbe affrontato nella Questio de aqua et terra. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la Questio fosse un falso composto da qualche teologo di Sant’Eufemia e attribuito a Dante per avvalorare le dottrine del Romano. A Sant’Eufemia, inoltre, furono sepolti i figli di Guido Novello da Polenta, che ospitò Dante a Ravenna e che il Poeta menziona nella sua Egloga a Giovanni del Virgilio.
In mappa anche luoghi legati
ai discendenti del Poeta: Piazza delle Erbe, dove, secondo
l’umanista Moggio Moggi, Pietro Alighieri, figlio di Dante, recitò un capitolo
in terzine sulla Commedia; Palazzo Bevilacqua, abitazione del
figlio di Dante, di fronte alla chiesa di Sant’Anastasia; San Michele
Arcangelo a San Michele Extra, monastero di una comunità religiosa
femminile benedettina dove presero i voti anche Alighiera, Gemma e Lucia, figlie
di Pietro Alighieri e di Jacopa Salerni.
A metà del Quattrocento
Pietro III Alighieri trasferì la propria residenza nella contrada di San Fermo,
dove su via Leoncino sorge Palazzo Serego Alighieri, dal caratteristico
prospetto neoclassico, che al suo interno custodisce una statua di Dante, opera
di Francesco Zoppi.
E ancora: tra Tre e
Quattrocento, Pietro, il figlio di Dante, acquistò una serie di terreni a
Gargagnago di Valpolicella: fu il primo passo verso la costituzione di un ampio
patrimonio fondiario e oggi vi sorge
Villa Serego
Alighieri, tuttora
proprietà e residenza (non visitabile) dei discendenti di Dante Alighieri.
L’ultima parte del
percorso è una passeggiata tra i luoghi della
tradizione dantesca.
Il trecentesco Palazzo
Marogna vantava, nel Cinquecento, un’articolata decorazione ad affresco –
oggi purtroppo appena visibile – che, secondo il pittore ottocentesco Pietro
Nanin, raffigurava due scene della Commedia: Dante che corre verso
Virgilio, inseguito dalle fiere, e Beatrice su un carro, dipinta nell’atto di
svelarsi il volto, secondo quanto riporta il XXXI canto del Purgatorio.
È questa l’unica figura che appena si distingue oggi.
A fine Ottocento, il
dantista tedesco Alfred Bassermann, in un libro sul Poeta, dedicò ampio spazio
a Verona e ai luoghi danteschi: tra questi, il Ponte di Veja, un
poderoso arco naturale a Sant’Anna d’Alfaedo, la cui conformazione rimanda ai
ponti in pietra del cerchio VIII dell’Inferno, Malebolge.
«Vieni a veder Montecchi e Cappelletti, / Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: / color già tristi, e questi con sospetti!» (Purgatorio, VI): come non pensare che Dante ispirò il mito degli infelici amanti? Nell’Ottocento si iniziò a identificare la Casa di Romeo in un complesso affacciato su via Arche Scaligere, con un alto muro coronato da merli. La Casa di Giulietta, era al tempo una locanda detta “Stallo del Cappello”, per via dello stemma raffigurante un cappello scolpito sull’arco che affaccia sul cortile interno. Tra il Trecento e il Seicento lo stabile appartenne alla famiglia veronese dei Cappello; il legame con Giulietta, personaggio reso celebre da Shakespeare, ha quindi un esclusivo carattere letterario. Nessuna relazione esiste, infatti, con i Cappelletti del canto VI del Purgatorio, che fino al XIX secolo furono creduti veronesi, ma che già il figlio di Dante, Pietro Alighieri, nel suo commento alla Commedia confermava essere originari di Cremona. I Montecchi erano, invece, un’antica famiglia ghibellina veronese.
Tappa finale della
mostra diffusa è Castelvecchio, che Dante non vide (fu costruito a
partire dal 1354 per iniziativa di Cangrande II della Scala) ma che oggi
accoglie, come sede museale, importanti testimonianze della Verona dell’età di
Dante: sculture del Maestro di Sant’Anastasia, dipinti di stretta influenza
giottesca, parte del corredo funerario della tomba di Cangrande della Scala e
gli originali delle statue equestri di Cangrande e Mastino II, provenienti
dalle Arche Scaligere.
In occasione dell’anno dantesco, altro fulcro della mostra diffusa è l’esposizione, in sala Boggian, Dante negli archivi. L’Inferno di Mazur (fino al 3 ottobre, a cura di Francesca Rossi, Daniela Brunelli, Donatella Boni): 41 acqueforti e acquetinte che Michael Mazur produsse ispirandosi alla prima cantica della Divina Commedia. L’opera grafica è accompagnata dalla traduzione del poeta Robert Pinsky, amico dell’artista.
L’immagine
coordinata della mostra diffusa è stata elaborata a partire dal disegno di
Sandro Botticelli Dante e Beatrice. Paradiso II. L’opera è
stata resa disponibile, eccezionalmente, per la sola sede di Verona, assieme ad
altri due disegni botticelliani per Paradiso IV, Paradiso XVII,
dal Kupferstichkabinett dei Musei Statali di Berlino. I tre disegni saranno
esposti alla mostra Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona alla
Galleria d’Arte Moderna Achille Forti.
Informazioni: www.danteaverona.it
Ufficio stampa: delos@delosrp.it