BOSCH E UN ALTRO RINASCIMENTO
Jheronymus Bosch,
Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (particolare), 1500 circa, olio su
tavola. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga © DGPC/Luísa Oliveira
BOSCH E UN ALTRO RINASCIMENTO
Jheronimus
Bosch (1453 – 1516) è noto in tutto il mondo per
il suo linguaggio fatto di visioni oniriche e mondi curiosi, incendi, creature
mostruose e figure fantastiche.
Aperta al pubblico fino al 12 marzo 2023, “Bosch e un altro
Rinascimento” è promossa dal Comune di Milano-Cultura,
Palazzo Reale e Castello Sforzesco, realizzata da 24 ORE
Cultura-Gruppo 24 ORE e curata da Bernard Aikema, già professore di Storia
dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, Fernando Checa Cremades,
professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già
direttore del Museo del Prado e Claudio Salsi, direttore Castello Sforzesco,
Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell’incisione presso
l’Università Cattolica di Milano.
Il percorso espositivo presenta un centinaio di
opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi
antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da
wunderkammern.
In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei
più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti del Maestro – mai
presentate insieme prima d’ora in un’unica mostra. Bosch è infatti autore di
pochissime opere universalmente a lui attribuite e conservate nei musei di
tutto il mondo. Proprio perché così rari e preziosi, difficilmente i capolavori
di questo artista lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si
ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione. Proprio per la
fragilità e la peculiarità dello stato di conservazione, alcune opere dovranno
rientrare nelle loro sedi museali prima della chiusura della mostra. Si tratta
delle opere del Museo Làzaro Galdiano di Madrid e delle due opere prestate
dalle Gallerie degli Uffizi.
L’esposizione di Palazzo Reale non è una
monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente
attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi,
italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore
quanto l’‘altro’ Rinascimento – non solo italiano e non solo boschiano – negli
anni coevi o immediatamente successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano,
Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.
Attraverso un lavoro di ricerca durato cinque
anni, la mobilitazione di una rete di cooperazione culturale internazionale
senza precedenti tra governi, ambasciate, musei, istituti culturali e
collezionisti, è nata una mostra unica per la potenza del racconto di un’intera
epoca artistica e per l’importanza e la varietà dei confronti presenti in
mostra.
In particolare, grazie alla collaborazione tra
istituzioni italiane, come l’Ambasciata d’Italia in Portogallo, e istituzioni
come l’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona e il Museu Nacional de Arte
Antiga, a Palazzo Reale sarà possibile ammirare il monumentale Trittico delle
Tentazioni di Sant’Antonio, opera che ha lasciato il Portogallo solo un paio di
volte nel corso del Novecento e giunge ora in Italia per la prima volta. Al Museu
Nacional de Arte Antiga di Lisbona viene prestata in cambio la ‘nostra’ Pala
Trivulzio (nota anche come Madonna in gloria e Santi) di Andrea Mantegna, che
fa parte delle Raccolte artistiche del Castello Sforzesco.
Altro importante prestito, frutto di uno scambio
con la città di Bruges, è l’opera monumentale del Maestro, proveniente
dal Groeningemuseum di Bruges, il Trittico del Giudizio Finale, che
originariamente faceva parte della collezione del cardinale veneziano Marino
Grimani.
Fondamentali per il progetto espositivo il
prestito del Museo del Prado dell’opera di Bosch, Le tentazioni di
Sant’Antonio, e i capolavori del Museo Lázaro Galdiano, che ha concesso la
preziosa tavola del Maestro San Giovanni Battista. E ancora, sempre di Bosch,
il Trittico degli Eremiti delle Gallerie dell’Academia di Venezia, proveniente
dalla collezione del cardinale Domenico Grimani, collezionista fra i più
importanti del suo tempo e tra i pochissimi proprietari delle opere di Bosch in
Italia.
“È anche attraverso lo scambio di opere d’arte che
l’arte e la cultura svolgono il loro ruolo di vettori di crescita e di
strumenti di relazione tra le città e le nazioni, portando avanti il processo
di arricchimento di un Paese – ha affermato l’assessore alla Cultura Tommaso
Sacchi –. Il progetto di questa mostra è il frutto di un processo di
cooperazione internazionale durato cinque anni, che ha prodotto un’esposizione
preziosa dal taglio assolutamente originale, in grado di raccontare ai
visitatori un Rinascimento diverso rispetto a quello che ha visto i propri
fasti in Italia tra il Quattro e il Cinquecento, creando orizzonti nuovi di
conoscenza e bellezza”.
LA TESI DELLA MOSTRA
Per quanto possa apparire strano, la fama di Bosch
non iniziò nelle Fiandre, dove l’artista era nato, ma in Europa meridionale. Il
‘fenomeno Bosch’ ebbe infatti origine nel mondo mediterraneo, precisamente
nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento.
A quel tempo però in Italia dominava il
classicismo rinascimentale. Ma sarà proprio qui che il linguaggio fantastico e
onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’,
troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello
figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti
successive, anche a distanza di secoli.
In particolare, viene proposto il raffronto tra i
quattro arazzi boschiani dell’Escorial e un cartone per il quinto arazzo andato
perduto e riconosciuto nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi.
A questo proposito, è opportuno sottolineare
l’immensa importanza in termini artistici ed economici dell’arazzo nella
cultura del Cinquecento europeo: era un vero e proprio status symbol
dell’élite. Ecco perché poter ammirare, grazie ai prestiti dell’Escorial e
delle Gallerie degli Uffizi, l’intero ciclo degli arazzi boschiani è
un’occasione irripetibile: infatti, i quattro arazzi dell’Escorial non sono mai
stati esposti insieme fuori dalla loro sede, e il confronto con il cartone
dell’Elefante, per il quinto arazzo della serie, ora perduto, risulta
totalmente inedito.
Il percorso si propone di illustrare lo strepitoso
successo del linguaggio artistico di Jheronimus Bosch nell’Europa meridionale e
addirittura oltre oceano, nel periodo compreso tra il Cinquecento e gli inizi
del Seicento, con particolare riferimento alle tendenze del collezionismo
dell’epoca, soprattutto in Italia e in Spagna.
Così a Venezia l’unicità espressiva di Bosch venne
prontamente colta da uno dei maggiori collezionisti del tempo, il letterato e
cardinale Domenico Grimani. È grazie al suo gusto lungimirante e alla
collezione Grimani, custodita nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, se oggi
in Italia possiamo vantare ben tre opere di Bosch, tra le quali il Trittico
degli Eremiti, ora esposto nelle sale di Palazzo Reale.
Lo stesso si può dire della Spagna, dove, dal XVI
secolo fino ad oggi, si trova la gran parte delle opere principali di Bosch,
fra il Museo del Prado e il Monastero dell’Escorial. Non a caso sono autori
spagnoli i primi e più impegnati critici di Bosch.
Era questa in modo particolare l’area geografica e
culturale in cui le opere dell’artista e dei suoi seguaci furono richieste.
Potremmo affermare a questo proposito che il linguaggio boschiano, nei decenni
successivi alla morte del Maestro, stava alla base di un’operazione
imprenditoriale senza precedenti a livello europeo.
In effetti la fortuna del linguaggio boschiano è
all’origine di un vero e proprio ‘Rinascimento alternativo’, che risulta poco
riconosciuto anche nella letteratura specialistica.
Perché una mostra anche ‘di confronti’?
La ‘moda’ delle immagini ‘alla Bosch’, affermatasi
in Spagna e in Italia e successivamente nel resto d’Europa, si rifletteva in
una serie di spettacolari opere d’arte realizzate in molteplici tecniche e di
varie provenienze, tra cui si distingue lo strepitoso ciclo dei quattro arazzi
dell’Escorial e l’arazzo con l’elefante del pittore francese Antoine Caron.
Tutte queste opere attestano la diffusione
mediterranea di motivi visionari e onirici, ispirati all’immaginario
dell’artista fiammingo.
Queste creazioni, a loro volta, stimolarono un
nutrito numero di pittori e incisori di spicco. In particolare le stampe che
diffondevano il linguaggio boschiano, tra cui emerge l’opera di Pieter Bruegel
il Vecchio (il più importante seguace di Bosch) presente in mostra con una
decina di incisioni derivate da sue composizioni.
Le incisioni contribuirono in maniera decisiva
alla diffusione del gusto per le immagini di incendi notturni, scene di
stregoneria, visioni oniriche e magiche. Lo confermano opere come lo Stregozzo
di Marcantonio Raimondi o Agostino Veneziano, il Mostro marino di Albrecht
Dürer e il capolavoro letterario – editoriale di Aldo Manuzio, la
Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna e anche l’Allegoria della vita
umana di Giorgio Ghisi.
La proliferazione di oggetti rari, bizzarri e
preziosi che caratterizza la moda delle collezioni eclettiche tipiche del gusto
internazionale cinquecentesco viene evocata nell’ultima sala, allestita come
una originale Wunderkammer, grazie alla collaborazione del Museo di Storia
Naturale di Milano e delle Raccolte del Castello Sforzesco. La presenza
studiata e calcolata di una trentina di oggetti da ‘camera delle meraviglie’
riporta a un confronto immediato e diretto con la rappresentazione caotica e
irrealistica di uno dei capolavori più impegnativi di Bosch: Il giardino delle
delizie, presente in mostra nella doppia versione di un dipinto coevo e di un
arazzo.
Particolarmente famose erano le Wunderkammern
degli ultimi sovrani Asburgo e in particolare di Rodolfo II d’Asburgo, il cui
ritratto, il famoso Vertumno dipinto dall’artista milanese Arcimboldo (un
eccezionale prestito del Castello di Skokloster, Svezia), è presente in
mostra all’interno della wunderkammer riprodotta e rappresenta in pieno l’eclettismo
tipico di questo gusto collezionistico.
Dal 09 Novembre 2022 al 12 Marzo 2023
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12
ORARI: da martedì a domenica 10:00-19:30; giovedì
chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un'ora prima. Lunedì chiuso
CURATORI: Bernard Aikema, Fernando Checa Cremades, Claudio
Salsi
ENTI PROMOTORI:
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Comune di Milano-Cultura
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Palazzo Reale
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Castello Sforzesco
info+39 02 54912