MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA “BANCO TRANSVERSALE” di ANTONIO LAURELLI
Il fare di
Laurelli è strutturato sul lessico informale rivisto e corretto da una
geometria istintuale, che per così dire, e le sue morfologie mantengono
connotazioni conchiuse da «lineamenti» curvilinei o rettilinei in un articolata
varietà di soluzioni che comprendono anche una sorta di nastri mossi. In
Laurelli ‘c'è una libertà compositiva che ricorda certi esiti degli anni Sessanta,
nella fattispecie quelli che risentivano contestualmente della Nuova
Figurazione e delle aggregazioni aniconiche memori della stagione informale.
Ciò porta alla convivenza nei sui olì di elementi più definiti con soluzioni
più libere, sia segniche che aperte.
GIORGIO DI
GENOVA
Dal limite allo spazio, l’astrazione di campi colorati, un
periodare alla ricerca del soggetto, l’opera del pittore progredisce verso la
chiarezza nella lettura, non verso paludose generalizzazioni da cui si possono
trarre parodie di idee, cioè fantasmi, ma idee vere e proprie. E proprio
dall’identità spazio-colore muove la ricerca di Laurelli. Il ruolo di memoria,
geometria, astrazione, tra l’idea e l’osservazione, raggiunge la chiarezza,
nella sua pittura, a ruolo di comprensione, pervenendo a un intensità di
cromatismi che dà anima e corpo, è il caso di dirlo, al quadro.
Filtri sospesi tra un mondo e l’altra dimensionalità
atemporale, fino a diventare spazio-colore, superfici e aggregazioni di un
impianto, di cui riesce a coniugare gli elementi e le superfici, cui stende
calme velature di colore che assorbono ogni gesto pittorico fino a diventare spazio. Un impianto non più avvertito
come limite, ma divenendo esso stesso <spazio>, nell’ambito di una
profonda coerenza dell’opera. L’impasto è denso, steso con pennellata larga e
compatta a formare il fondo; le tonalità sono calde e decise, in accostamenti
vivaci e forti. La sperimentazione di Laurelli, intesa come ricerca, tende
quindi a rivelare strutture sommerse, che contribuiscono a configurare una
gnoseologia della sua creazione, operando la ricerca di geometrie, campi di
forze, condensazioni o rarefazioni della normale densità visiva e oggettuale
del reale. Tensioni tra le forme e i colori, texture, piani sovrapponibili e
sfalsati rappresentano un entità alla ricerca di un equilibrio che ogni
elemento ha contribuito a creare spazio; un rapporto spazio/colore che regola
dall’interno il sistema dell’opera.
ALFREDO
PASOLINO
L’arte di
Laurelli «parla» da se
LA GRANDE meraviglia nelle pittura di Laurelli è nelle sua
«tecnica» volta alla sua comunicazione. Tecnica
precisa, chiara, legata direttamente alle sue idee e alla rivelazione e rappresentazione
dell’oggetto. La nostra immaginazione si incammina per vie piuttosto impervie
per la ricostruzione di questo oggetto. Il viaggio dell’umana fantasia è ricco
di inaspettati incontri e possibili approdi, ma inutilmente: l’approdo ci è vietato.
L’accanimento e l’impegno per conquistare l’oggetto si ripetono fino
all’inquietudine. Più si ripetono, più il desiderio aumenta tanto più l’oggetto
si allontana. Una continua metamorfosi trasforma l’immagine che via via
svanisce. Che l’artista Laurelli ami l’oggetto-pittura lo si capisce dalla
cura, dalla chiarezza tecnica che usa nel renderlo.L’ogetto rimane misterioso,
imprendibile. Questa condizione fa venire in mente Kafka, il Kafka della
«Metamorfosi» e del «Castello»; irraggiungibilità di un possesso completo, totale di una
«cosa». Che Laurelli avesse nella sua pittura una vena surreale lo si capiva:
un surrealismo non dell’inconscio irrazionale, automatico ed oscuro, ma
limpido, pausato, logico, razionale, costruttivo, dunque un linguaggio storico
che va dal postcubismo all’espressionismo, dal gesto al segno. Una pittura che
viene dalla storia e dalla tradizione; una cultura umanistica ed illuministica,
certamente contaminata dalla macchina come lo fu per i futuristi, senza però i
loro echi romantici. Un innesto con la macchina che ha causato, comunque, in
Laurelli, un inquietante sorta di alienazione dall’oggetto. Una crisi della
cultura tradizionale che provoca il distacco tra senso e pensiero.
ACHILLE PACE
Antonio Laurelli nato nel 1943 ad Isernia, vive ed opera a
Modugno. Ha insegnato presso il liceo artistico di Bari. Ha al suo attivo
numerose mostre e premi tra cui, significativo, è il “Carlo Levi”. La sua
straordinaria simbiosi tra colore e forma, simbolismo e comunicazione, vivifica
la scenografia concettuale di molte opere, creando un atmosfera di brillante
dinamismo ed elevazione spirituale. Ottenendo risultati del tutto originali, allorché
si pensa alla sua formazione prettamente figurativa che negli anni lo hanno
portato ad elaborare la sintesi della
forma in soluzioni e rappresentazioni che trovano nell’espressione individuale assurge al ruolo il travaglio interiore di una
ricerca, dove a volte l’elemento residuo di materiale deteriorato o inservibile
assurge al ruolo primario identitario. E’ presente nella Storia dell’ Arte
Italiana del ‘900 - Generazione Anni Quaranta
a cura di Giorgio Di Genova – Bora Editore
Sulla sua pittura
hanno scritto:
Elio Filippo Accrocca, Lino Angiuli, Mariano Apa, Franco Avicolli, Emilio Beltolto, Giorgio Berchicci, Roberto Buontempo, Daniele Pio Caldarola, Michele Campione, Toti Carperntieri, Manlio Chieppa, Francesco Cillo, Eolo Costi, Isabella Cusanno, Isabella Deganis, Pietro De Giosa, Raffaele Degrada, Mario De Micheli, Filippo Davoli, Giorgio Di Genova, Vittore Fiore, Giorgio Fiorentino, Vincenzo Jacovino, Vito Lamorgese, Dante Maffia, Leonardo Mancino, Oreste Macrì, Antonella Marino, Pietro Marino, Massimo Nardi, Raffaele Nigro, Achille Pace, Enzo Panareo, Bernardo Panella, Alfredo Pasolino, Gianni Petta, Antonio Picariello, Antonio Rubino, Elvira Sarli Gianfaldoni, Elgha Schneider, Domenico Simeoni, Leo Strozzieri, Giovanni Tesorieri, Vincenzo Velati, Nicola Ventafridda.
BIBLIOTECA COMUNALE “Carlo Perrone” Palazzo della Cultura
Modugno, Corso Umberto I, (BA)
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